LE FUNZIONI MODULATORIE DEL TRONCO DELL’ENCEFALO – SOSTANZE PSICOTROPE E PSICONAUTICA IMMAGOGICA –
Il tronco encefalico è una struttura determinante nel sistema nervoso centrale, in quanto, ponendosi anatomicamente tra l’encefalo, il midollo spinale e il sistema nervoso periferico, viene attraversato da tutte le vie ascendenti e discendenti, mettendo in connessione le suddette aree e fungendo da centro modulatorio, in modo da ottimizzare le attività del sistema nervoso.
Questa funzione modulatoria è mediata da numerosi piccoli gruppi di neuroni che utilizzano come neurotrasmettitori l’acetilcolina e le monoamine (noradrenalina, adrenalina, serotonina, dopamina e istamina). Molti gruppi monoaminergici modificano le sensazioni di dolore, prendono parte alla regolazione del sistema omeostatico, determinano lo stato di vigilanza comportamentale e in generale influenzano l’attenzione, l’umore e la memoria. Perciò, anche se il tronco encefalico è filogeneticamente molto antico, i sistemi modulatori in esso presente consentono molti dei comportamenti di ordine superiore, considerati tipici del genere umano.
La Sigmasofia e i comportamenti di ordine superiore
In Sigmasofia, abbiamo detto più volte che la neocorteccia si è espansa progressivamente nell’essere umano in conseguenza dei numerosi apprendimenti conseguiti, i cosiddetti comportamenti di ordine superiore. Tuttavia quest’espansione, conseguente in definitiva all’acquisito, spesso non è consapevolmente connessa con le strutture filogeneticamente più antiche, ossia quelle che regolano i funzionamenti innati, meno sovrastrutturati. Ma, poiché è tutto Io-somato-(autopoieticamente) collegato, o meglio è lo stesso processo, i neurotrasmettitori, che in questa lezione approfondiremo, e le relative strutture, veicolano e sono espressione dell’Io-psychè, pertanto se questo è ostacolato viene inficiato anche il loro funzionamento. Le sostanze psicotrope, vedremo, agendo sulla neurofisiologia di questi processi possono facilitare o ostacolatore ancora di più l’Io-psyché in base all’organizzazione dell’Io che le utilizza ma, in ultima osservazione, poiché vanno ad agire proprio su elementi neuro-chimici di cui siamo naturalmente forniti,
la Sigmasofia orienta all’indagine vissuta e non indotta da sostanze esterne.
Ciò comporta un lavoro necessariamente più lungo e forse più faticoso, ma può determinare la remissione a volte definitiva di identificazioni parossistiche su specifici ostacolatori.
Lo stato di vigilanza
Esperimenti hanno dimostrato che la parte rostrale del tronco encefalico compresa tra il bulbo e il mesencefalo è responsabile dello stato di veglia, di attivazione generale di tutto il cervello, perciò quest’area venne denominata sostanza reticolare. Tuttavia, studi successivi hanno individuato dei gruppi neuronali distinti dal punto di vista chimico, in base ai neurotrasmettitori monoaminergici utilizzati. La denominazione data inizialmente a quest’area è stata quindi modificata in sistema ascendente di vigilanza. Si è scoperto inoltre che, mentre la maggior parte dei nuclei del sistema nervoso centrale proietta a regioni specifiche, i neuroni monoaminergici e colinergici hanno proiezioni diffuse, praticamente a tutto il sistema nervoso centrale, pur essendo concentrati in zone specifiche. Essi regolano lo stato sonno/veglia.
Cominciamo a osservare come questi neuroni e relativi neurotrasmettitori siano fondamentali, in quanto sono responsabili dell’attivazione generale di tutto il cervello. Sono il corrispettivo materiale del campo istintivo-emozionale e aggredior, in quanto, come approfondiremo, sono responsabili non solo della vigilanza dell’Io, ma anche dei suoi umori e comportamenti (ovviamente in funzionamento sincrono con le altre strutture).
Neuroni, neurotrasmettitori e alterazioni della coscienza
A livello della giunzione mesencefalica e diencefalica, le proiezioni del sistema ascendente di vigilanza si divide in un ramo ventrale e uno dorsale, il ramo ventrale interessa l’area ipotalamica prima di distribuirsi a tutta la corteccia cerebrale, il ramo dorsale termina a livello talamico. Le lesioni che interessano l’uno o l’altro di questi due rami provocano alterazioni della coscienza.
Nel termine
alterazione della coscienza
vengono incluse tutte quelle manifestazioni non ordinarie, allucinazioni visive e uditive, non responsività agli stimoli esterni, disorientamento spazio-temporale, stato confusivo, ma anche sensazioni di espansione, di fusionalità con il tutto.
Queste alterazioni, se sono dovute a lesioni vere e proprie hanno valenza patologica, ma è interessante notare che le stesse possono essere indotte da sostanze psicotrope, naturali o sintetiche: farmaci o droghe, o da tecniche meditative. Alcune sostanze naturali, da cui sono state sintetizzate droghe e farmaci, sono state utilizzate e vengono utilizzate tutt’ora per processi conoscitivi, introspettivi, profondi. Vie di conoscenze di popoli diversi e in ogni epoca, compresa quella attuale, utilizzano tecniche meditative per gli stessi fini. Da sempre, l’essere umano ha riferito e riferisce di stati non ordinari di coscienza, ma le stesse sensazioni pocanzi descritte, in base all’epoca e al contesto socio-culturale, per alcuni sono sintomi di patologie psichiche gravi, la follia, per altri sono capacità paradossalmente in grado di veicolare guarigione e saggezza.
E ci ritroviamo di nuovo di fronte all’essere umano che, nel tentativo di conoscere se stesso, riporta, interpreta, decodifica ciò che osserva filtrandolo in base alla sua consapevolezza, credendo sia il riferimento.
La Sigmasofia si avvale delle Autopoiesi olosgrafiche e delle immagogie per avere esperienza diretta e lucida del campo di forza vitale che sottende a qualunque manifestazione sensibile, e questi vissuti portano a stati estesi di coscienza e di entanglement, che possono coincidere con gli stati non ordinari di coscienza, ma né come espressione enteogena né tantomeno patologica, quanto espressione naturale di funzionamento complessivo del vivente, di cui è possibile avere consapevolezza attraverso il vissuto. In questi viaggi all’interno di se stesso, poiché è l’Io a compierli non può che incontrare se stesso, ossia le proprie identificazioni acquisite, che come sappiamo posso essere anche fortemente discrasiche, o processi innati che sono vissuti come estatici, di beatitudine, proprio perché non imbrigliati dai confini dei significati.
Il ritmo sonno/veglia e l’Io-psychè
Molti neuroni monoaminergici e colinergici sono implicati nel ritmo sonno/veglia, ma si comportano in modo diverso dalla maggior parte dei neuroni del sistema nervoso, che scarica in modo massimale durante la veglia e diminuisce la propria frequenza di scarica durante la fase del sonno a onde lente, per poi incrementare di nuovo l’attività durante la fase R.E.M. Durante questa fase, invece, i motoneuroni decrementano al massimo la loro attività per evitare che i sogni vengano mimati. I neuroni monoaminergici si comportano in modo simile ai motoneuroni: raggiungono il massimo della loro attività durante la veglia e la diminuiscono con l’aumentare dello stato della profondità del sonno N.R.E.M., fino a cessarla quasi del tutto durane la fase R.E.M., mentre i neuroni colinergici, pur diminuendo la loro frequenza di scarica durante la fase N.R.E.M., l’aumentano durante quella R.E.M., ciò indica che il ruolo dell’acetilcolina nel controllo della vigilanza è diverso da quello delle monoamine. Come abbiamo approfondito rispetto al metabisogno dormire, le fasi del sonno sono caratterizzate dalla diversa frequenza delle onde cerebrali. È la fase in cui l’Io-psychè, non identificato temporaneamente nel soma, funziona differentemente dall’ordinario.
La veglia sognante o il sogno lucido in Sigmasofia
Attraverso i sogni, ad esempio, è potenzialmente collocabile in qualunque spazio-tempo,
il continuo presente,
può volare o compiere prestazioni corporee impossibili durante la veglia, può prevedere eventi futuri (verificabili) o retrocognitivi, può esprimere desideri censurati dallo stato sovrastrutturato di veglia, o manifestare particolari nodi emotivi attraverso il linguaggio simbolico dei sogni (che da sveglio è l’Io stesso che può decodificare), può delocalizzarsi (prevalentemente della fase N.R.E.M.) e rigenerarsi, se mantiene la lucidità, tipica dello stato di veglia, sarà consapevole di stati non ordinari di coscienza.
Spesso, c’è l’equivoco che appunto perché certi stati sono non ordinari, siano patologici, per la Sigmasofia possono esserlo se c’è un’identificazione tale da interferire discrasicamente con gli assolvimenti quotidiani, ma altrimenti rilevano semplicemente un diverso modo di operare dell’Io di cui, anzi, è necessario avere contezza proprio perché rendono l’Io consapevole di capacità disidentificative dall’acquisito.
Non sorprende, quindi, che da sempre l’essere umano si sia occupato degli stati meditativi proprio per vivere stati non ordinari di coscienza. C’è da aggiungere che, nell’ordinario, veglia e sonno si alternano, ma non necessariamente questo coincide con il cosiddetto stato di funzionalità. Infatti, affinché le Autopoiesi olosgrafiche e le immagogie (così come gli stati realmente meditativi di altre Vie di conoscenza) si rivelino efficaci per nuove prese di consapevolezza, è necessario che si inneschi quella che in Sigmasofia denominiamo
la veglia sognante o il sogno lucido,
appunto perché è il funzionamento simultaneo di componenti vissute solitamente come separate che apre a nuovi insight, che permette all’Io di indagare se stesso utilizzando e integrando tutti gli strumenti di cui dispone.
Farmaci, droghe e la modulazione della vigilanza
I farmaci e le droghe possono influenzare notevolmente lo stato di vigilanza proprio perché agiscono sulle monoamine e sull’acetilcolina, per esempio gli antistaminici inducono sonnolenza, i bloccanti della ricaptazione della serotonina (SSRI) diminuiscono la quantità di sonno R.E.M., la nicotina è un potente agente stimolante. Le amfetamine, la cocaina e altre sostanze che bloccano la ricaptazione della dopamina inducono uno stato di veglia prolungato. Nel morbo di Parkinson, c’è una perdita dei neuroni dopaminergici e noradrenergici, ciò induce quindi uno stato di sonnolenza anche durante il giorno, i farmaci usati per il trattamento di questa patologia, se da un lato alleviano i disturbi del movimento agendo sulla riduzione della liberazione di dopamina, possono esacerbare la sonnolenza diurna. I farmaci, come suggerisce l’etimologia stessa, sono droghe e le droghe, in senso stretto, mirano a inibire o attivare ciò che naturalmente l’Io funzionante inibisce o attiva, si ricorre al loro uso quando non si sa come gestire l’Io, ma una gestione forzata, esterna, se prolungata o utilizzata come mera delega, non può che inficiare ancora di più l’Io, alterandone l’equilibrio anche neurochimico, esattamente per come avviene, a seguito di assunzioni prolungate di farmaci o droghe che siano. I farmaci stessi, infatti, come visto nell’esempio (ma ne esistono di documentati moltissimi altri), possono indurre effetti iatrogeni anche gravi e paradossalmente amplificanti i sintomi che si vogliono curare.
Funzioni delle monoamine
Noradrenalina
La noradrenalina, rilasciata dai neuroni del locus coeruleus (situato nel ponte del troco encefalico) ha un importante ruolo funzionale nell’attenzione. Questi neuroni hanno un basso livello di attività durante lo stato di sonnolenza, mentre si attivano durante lo stato di vigilanza. La noraderenalina (o norepinefrina) è determinante anche per la regolazione dell’eccitazione, dell’allerta e della reazione allo stress: quando si verifica uno stimolo stressante, viene aumentato il rilascio di noradrenalina dal locus ceruleus, il che prepara l’organismo a un’eventuale azione di lotta o fuga, aumentando la vigilanza e la capacità di rispondere rapidamente agli stimoli esterni. È importante anche per la memoria, influenzando la capacità di memorizzare eventi significativi.
È, quindi, la funzione dell’Io lucidità, che si declina come attenzione, vigilanza, presenza a sé.
È una predisposizione innata che, se non imbrigliata da identificazioni ostacolanti nel contenuto emotivo (la paura, lo stress per esempio) concorre all’attivazione di azioni funzionali, efficaci, alla sopravvivenza, in caso di reale pericolo, ma anche al fluido scorrere della vita.
È anche la funzione dell’Io eccitazione, del pronti a (…).
Il gruppo adrenergico e la gestione dello stress
Il gruppo adrenergico (riguardante quindi l’azione dell’adrenalina e della noradrenalina) è implicato nel mantenimento del tono vascolare a riposo e dell’adeguamento di quello vasomotore in base alle diverse forme di comportamento. Alcuni gruppi noradrenergici inviano proiezioni ai motoneuroni, facilitando comportamenti stereotipati e ripetitivi, come la masticazione, il nuoto o la locomozione, al contrario, l’aumento dell’attivazione dei recettori adrenergici in corso di stress può indurre tremori o risposte esagerate. I farmaci che bloccano questi recettori possono essere usati per ridurre alcune forme di tremore e vengono assunti spesso dai musicisti prima delle loro esibizioni per ridurre la tendenza al tremore. L’espressione scarica di adrenalina, usata nel linguaggio comune per indicare una sensazione di emozione intensa, eccitante, può essere ricercata quando non si è in grado di vivere tali intensità nel proprio quotidiano, perché non si è in grado di estrapolare senso e significato dalle proprie esperienze in quanto non le si penetrano.
La penetrazione delle stesse, intesa anche come percezione diretta del campo di forza vitale, l’autopoiesi, riconduce inevitabilmente a se stessi e, quindi, anche a quella componente energetica che, se riconosciuta al di là del vestito specifico, veicola tra le altre, l’adrenalina stessa.
Quando, invece, la si cerca spostandola nello stimolo esterno, questo dovrà essere sempre più estremo per poter eccitarsi, per sentirsi vivi, e, poiché nulla risiede all’esterno di sé (perché anche l’eccitazione che si sente in risposta allo stimolo, considerato coinvolgente, è appunto una risposta, ossia una propria produzione, che possiamo sentire appunto perché da se stessi prodotta) necessariamente non sarà sufficiente e se ne cercherà ancora un altro, nell’inconsapevole progressivo allontanamento da se stessi. Allo stesso modo, l’identificazione nel contenuto emotivo irrisolto, non elaborato, come nell’esempio dell’ansia da prestazione prima di un’esibizione, può alterare i movimenti (i tremori), rendendo realmente inadeguata la prestazione.
La dopamina: memoria, motivazione, controllo motorio e autosoddisfazione
La dopamina, a livello della corteccia prefrontale dorsolaterale, potenzia le capacità della memoria operativa. È inoltre implicata nell’apprendimento basato sulla ricompensa e sull’apprendimento[1]. Le vie dopaminergiche, infatti, sono implicate nelle tossicomanie causate da sostanze che inducono tossicodipendenza. La dopamina svolge quindi un ruolo essenziale sulla motivazione, il sistema della ricompensa, le funzioni cognitive superiori, il controllo motorio.
Il sistema dopaminergico è inoltre di fondamentale importanza per l’attività motoria, infatti, nei pazienti con il morbo di Parkinson, essendoci una degenerazione dei neuroni dopaminergici, si assiste a una difficoltà nell’iniziare e nel portare a termine i movimenti. Di contro, i farmaci che facilitano la trasmissione dopaminergica a livello muscolare possono provocare la comparsa di comportamenti non intenzionali, come tic motori, corea (movimenti a scossa di grande ampiezza degli arti) o l’alterazione di comportamenti di natura cognitiva (come la tendenza compulsiva al gioco d’azzardo e all’attività sessuale).
La dopamina è la funzione
autosoddisfazione,
ossia la capacità dell’Io di produrre piacere in conseguenza della soddisfazione di un metabisogno.
Ciò implica anche la capacità fondamentale dell’apprendimento in conseguenza del quale si può assolvere alla soddisfazione di esso. Come visto nelle precedenti lezioni, al solito, se tale azione non è compensatoria, quindi allineata ai processi innati funzionali, concorre al mantenimento omeostatico dell’Io-soma, se invece non lo è, e l’apparente (e quindi necessariamente transitoria) soddisfazione è legata a surrogati (l’assunzione eccessiva di cibo, alcool, droghe, ecc.) o comunque a elementi considerati esterni, per mancanza di adeguata formazione a se stessi, vale quanto detto in precedenza, ossia che l’Io-psychè non potrà mai sentirsi realmente soddisfatto, spostando all’esterno di sé quanto già gli appartiene, senza esserne consapevole, ed è proprio questa mancanza di consapevolezza vissuta la discrasia in atto.
La serotonina: dal controllo omeostatico agli stati psichedelici
La serotonina è prodotta principalmente nell’intestino e nel cervello (nuclei del raphe nel tronco encefalico), regola molte funzioni del sistema nervoso autonomo come la peristalsi intestinale, la termoregolazione, il controllo cardiovascolare, il tono dell’umore, la percezione, la respirazione. Ad esempio alcuni neuroni serotoninergici sono chemocettori sensibili alla concentrazione di CO2, per cui un suo aumento stimola la respirazione per ristabilire l’omeostasi. Possono inoltre indurre un aumento della vigilanza, dell’ansia e modificazioni del flusso ematico cerebrale, risposte vitali quando le vie aeree sono ostruite. Il ruolo dei recettori serotoninergici come recettori della CO2 potrebbe fornire spiegazioni circa le morti neonatali per SIDS, in quanto in alcune loro aree cerebrali sono stati trovati un elevato numero di neuroni serotoninergici immaturi e una diminuzione dei livelli di serotonina. Ciò è compatibile con una ridotta capacità di rilevazione di CO2 a causa dell’ostruzione delle vie aeree, dovuta alla posizione a faccia in giù, con conseguente attenuazione della normale risposta protettiva comprendente il risveglio e l’aumento della ventilazione.
I neuroni serotoninergici hanno inoltre un importante ruolo dell’avvio dei programmi motori, i farmaci che attivano i recettori della serotonina possono infatti indurre iperattività, tremore e rigidità, manifestazioni della cosiddetta sindrome della serotonina. Anche questo neurotrasmettitore modula delle funzioni fondamentali dell’Io-soma. Se espressione di un Io-psychè non ostacolato concorre a mantenere l’omeostasi Io-somato-autopoietica, se espressione di un Io imbrigliato nelle varie identificazioni ostacolanti risultano alterate le sue funzioni determinando possibili discrasie. Ancora una volta vediamo all’opera una sensazione come l’ansia, per esempio, che è funzionale se direttamente espressione dell’innato, come avviene per prevenire la SIDS, per esempio, ma che può diventare invalidante se non compresa nella sua eziologia conoscitiva, formativa. In realtà, come detto più volte, ogni ostacolatore è uno stato coscienziale da riconoscere e attraversare per poter risolverlo, in funzione non tanto di un conseguente e naturale benessere (proprio perché espressione di un fluire naturale dell’Io), quanto di una maggiore espansione di coscienza, non più ristretta, confinata, fissata appunto in specifici contenuti. Forse non a caso
la serotonina è considerata il
neurotrasmettitore della felicità, della calma,
da cui derivano i numerosi farmaci SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) e la cui attivazione (in base agli specifici recettori sollecitati a cui si lega) può determinare alterazione della percezione, come avviene attraverso l’uso di LSD e psilocibina, che inducono effetti psichedelici. Il termine psichedelico deriva da psiche e delos, mostrare, rivelare. Non è altro che un effetto che rende manifeste alcune capacità dell’Io che normalmente non vengono utilizzate, ecco perché ritenute non ordinarie, alterate.
Modulazione della percezione del dolore
I sistemi monoaminergici sono importanti anche per la modulazione della percezione del dolore. Al midollo spinale infatti arrivano proiezioni noradrenergiche e serotoninergiche, in particolare al corno dorsale, a livello del quale vengono elaborati gli stimoli nocivi. Un aumento sperimentale della serotonina direttamente a questo livello inibisce le risposte agli stimoli nocivi, ciò ha consentito l’elaborazione di farmaci che, inibendo le afferenze dolorifiche e bloccando la riassunzione della serotonina, inclusi gli antidepressivi, sono efficaci per ridurre il dolore.
Sappiamo tuttavia che il dolore, così come gli altri sintomi, è un campanello d’allarme che,
- se indagato, può condurci all’origine Io-somatica,
- silenziarlo, se da un lato è comodo perché lo si rende meno interferente, dall’altro lo si rende inefficacie nel suo compito di messaggero di informazioni utili per la propria autoconsapevolezza.
<Ovviamente non si può generalizzare, perché i casi sono diversi in base alla storia e all’organizzazione interiore di ognuno, a volte può essere necessario ridurlo o avvalersi delle conoscenze farmacologiche per aiutarsi, a patto che ciò sia transitorio e compatibile con un lavoro formativo a se stessi, che per definizione implica la rinuncia alla delega, che sia verso un medico, un farmaco, una droga naturale, un maieuta (…).
In conclusione
Il tronco encefalico è una fondamentale area del sistema nervoso in quanto viene attraversate dalle vie nervose che connettono l’encefalo, dove vengono controllati aspetti diversi dell’umore e dei processi cognitivi, con il midollo spinale dove vengono regolate funzioni vegetative, somato-sensitive e motorie. I pazienti con lesione del mesencefalo, poiché il sistema ascendente di vigilanza attiva comincia dal ponte, è vigile ma non è in grado di interagire con il mondo esterno (fatta accezione per i movimenti oculari), pur non essendo interessato il proencefalo (comprendente il diencefalo e il telencefalo). Al contrario, i pazienti in stato vegetativo, senza lesione del tronco encefalico, passano dal sonno alla veglia ma senza dare segno esteriore di coscienza. Perciò il normale comportamento cosciente implica la connessione tra il tronco encefalico e il proencefalo. I sistemi monoaminergici e colinergici sono molto importanti perché loro alterazioni funzionali possono determinare importanti patologie neurologiche e psichiatriche, approfondendone lo studio si possono quindi influire sul trattamento di queste patologie. Afferma un attuale psichiatra, che tiene ad autodefinirsi basagliano e anarchico, in quanto non si riconosce nell’approccio psichiatrico convenzionale, Piero Cipriano che “(…) negli anni sessanta si affermano la teoria dopaminergica per la psicosi e quella monoaminica per la depressione, teorie che ancora oggi, per mancanza di ipotesi biologiche migliori, dopo sessant’anni sono ancora ritenute valide (…)”, e ancora “(…) gli antipsicotici non guariscono la psicosi, ma regalano parkinsonismi e sindromi metaboliche e riduzione dell’aspettativa di vita; gli antidepressivi funzionano qualche anno e poi innescano depressioni farmaco-resistenti (senza considerare il fatto che non tutti ambiscono a dover inghiottire antidepressivi per decenni); gli ansiolitici, presi per più di qualche settimana, avviano dipendenze e astinenze feroci (…)”[2]. In sintesi, Cipriano ripropone l’uso controllato di sostanze psichedeliche naturali in un setting che tenga conto dell’utilizzo rituale e personalizzato di piante considerate sacre dalla tradizione sciamanica, come possibile approccio terapeutico al divergente psichico, da lui considerato un essere umano (non un insieme di sintomi) con delle problematiche ma anche espressione di capacità non ordinarie di coscienza.
Personalmente, stimo il suo approccio ritenuto quasi rivoluzionario per i nostri tempi, soprattutto per quanto concerne l’umanizzazione del malato considerato anche nella sua espressione non ordinaria, non in senso patologico, ma anzi di maggiori facoltà, (continuando ad operare nell’attuale sistema sanitario), ma per esperienza diretta e indiretta, attraverso il percorso sigmasofico, mi sento di affermare che
la sostanza psichedelica (nell’accezione etimologica del termine) è
l’Io, che indaga se stesso,
e se lo fa lucidamente abbandonato non può che incontrare le sue eventuali identificazioni ostacolanti e facilitanti e, allenando le capacità disidentificative,
percepire direttamente il campo di forza autopoietico,
ossia le funzioni
non ordinarie di coscienza
da rendere
consapevolmente ordinarie.
Ecco perché necessariamente gli effetti di sostanze psicoattive, anche se naturali, ritualizzate e personalizzate attraverso la cura del set e del setting, possono essere notevolmente differenti (cosa che chi le maneggia con competenza sa), ma dubito che il loro utilizzo possa essere risolutivo, personalmente preferisco il forgiare l’Io attraversamento dopo attraversamento, per risalire all’autopoiesi di cui egli stesso (e i suoi contenuti) è espressione: l’espansione di coscienza da far ricadere nel proprio quotidiano.
Note
[1] Viene rilasciata anche quando l’animale viene addestrato ad attendere che una ricompensa verrà data loro dopo la risposta a uno stimolo condizionato, in presenza dello stimolo stesso piuttosto che dopo la somministrazione della ricompensa.
[2] Cit. Piero Cipriano, Vita breve della psichiatria dal manicomio alla psichedelia – storia di internamenti e antipsichiatria, pillole tristi e piante magiche –, Luca Sossella Editore, pagg.56-57.


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